RIFORMA FISCALE USA: il taglio delle tasse più grande di sempre
Senza grandi scossoni la tanto attesa riforma fiscale, è stata approvata dalla Camera e poi con firma definitiva dal Presidente USA in data 22 dicembre 2017.
Possiamo tranquillamente dire che per molte imprese e molti investitori la fine dell’anno ha portato un bel regalo da scartare… un regalo che non si vedeva dai tempi di Reagan, in termini di riduzione delle tasse.
Si tratta difatti del maggior provvedimento in materia fiscale degli ultimi 30 anni!
I principali beneficiari saranno ovviamente le imprese e il ceto più agiato, ma anche la classe media (pur se in misura minore) otterrà dei significativi vantaggi da questo provvedimento.
Ma in che cosa consiste questa eccezionale riforma?
Ecco un elenco delle novità più importanti:
La “corporate tax” crolla dal 35% al 21% in modo permanente e a favore delle aziende di tutte le categorie e dimensioni.
Il prelievo fiscale per i più ricchi scenderà dal 39,6% al 37%.
Saranno favoriti gli ammortamenti (immediatamente eseguibili quelli in macchinari, fino al 2022)
Le multinazionali (es. Apple e Microsoft) potranno far rientrare i capitali negli Usa con la formula dello scudo fiscale, versando una tantum dell’8% (o del 15,5% se si tratta di liquidi/contanti) rispetto al 35% medio imposto a livello federale (e in via di abbattimento).
Agevolazioni per il settore immobiliare.
La deduzione sui redditi provenienti da immobili commerciali
Sgravi fiscali a favore delle persone fisiche fino al 2025
La revisione della tassa di successione (che consentirà agli eredi di risparmiare milioni di dollari).
La possibile deduzione degli interessi pagati sui finanziamenti per gli studi universitari.
L’eliminazione delle penali per chi non stipula l’assicurazione sanitaria.
Quali saranno i risultati a medio-lungo termine auspicati dalla riforma?
Si calcola che nelle casse federali entreranno di fatto 1,5 miliardi in meno nei prossimi 10 anni.
Questo denaro, restando nel circuito dell’economia e delle imprese, farà volare l’economia statunitense con i seguenti effetti:
La crescita del PIL fino al 4%.
Una spinta al rialzo della borsa.
L’aumento degli utili societari delle banche e di altre società a medio e lungo termine.
L’aumento dei posti di lavoro.
Il rientro dei capitali dall’estero e di aziende che in precedenza avevano delocalizzato (tra i comprensibili timori di Europa e Cina, riguardo possibili perdite economiche nei prossimi anni).
Ma è tutto così bello da non sembrare vero, direbbe qualcuno. E infatti qualcuno che lo dice, c’è.
In questo scenario è previsto anche un aumento dei tassi di interesse, e secondo James Bullard, Presidente della Federal Reserve (Fed) di St. Louis, un aumento del costo del denaro potrebbe favorire una recessione, come rischio tangibile per il 2018.
Non ci resta che monitorare la situazione nei prossimi mesi e valutare l’impatto della riforma fiscale sia sull’economia statunitense che sui mercati internazionali.
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